Il nuovo piano industriale 2021-2024 dell’azienda campana Sideralba prevede il consolidamento delle quote di mercato in Europa e in Italia. L’operazione, strutturata da Banca Finint, è una delle prime di questo tipo e ha visto il coinvolgimento di investitori come Cassa Depositi e Prestiti (5 milioni), Mediocredito Centrale (5 milioni) e Banca di Credito Popolare (2 milioni). L’operazione ha una durata di sei anni. Banca Finint ha svolto il ruolo di arranger dell’operazione e della garanzia SACE oltre ad aver ricoperto i ruoli di SACE Agent, Paying Agent e Issuing Agent dell’operazione. Sideralba, che ha chiuso il bilancio 2020 con un valore della produzione di circa 225 milioni e un ebitda margin del 10%, utilizzerà i proventi derivanti dall’emissione per finanziare il Piano Industriale 2021-2024 che prevede significativi investimenti sugli stabilimenti produttivi del gruppo localizzati in Italia, oltre che a supportare la crescita del capitale circolante in conseguenza all’incremento previsto dei ricavi e dei volumi di produzione.
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Negli ultimi cinque anni, il gruppo Sideralba ha avuto una crescita esponenziale passando da 112.5 milioni di fatturato del 2016 a 215.4 milioni nel 2020 . Nel novembre 2017 la società ha rilevato gli asset tunisini dell’Ilva in amministrazione straordinaria (oggi Sideralba Maghreb) vincendo un bando internazionale. Sideralba è un’azienda siderurgica attiva da circa 30 anni nel panorama italiano e internazionale. Produce e commercializza su scala mondiale 600.000 tonnellate all’anno di prodotti d’acciaio tra coils, tubi, nastri, lamiere da coils e profili aperti. Attraverso l’acquisizione del Gruppo ILVA in Tunisia ha esteso la propria produzione all’intero ciclo siderurgico per la produzione dei coils a freddo e rivestiti. L’azienda rappresenta un’eccellenza nel panorama siderurgico nazionale, espressione delle migliori pratiche dell’industria italiana.
La siderurgia contribuisce per il 3,8% al Pil mondiale generato, a sua volta, per l’80% da imprese che dipendono dall’acciaio. Importante ribadire che si sta lavorando ad eliminare oltre il 10% alle emissioni globali di CO2. Inoltre, le acciaierie a carbone pagano 20 euro di tasse per tonnellata di CO2 emessa (vale il 5% del prezzo di vendita), una somma che in base alle norme verrà raddoppiata nel 2030 mettendo di fatto fuori mercato impianti totalmente a ciclo integrale come quello dell’Ilva. Uno dei problemi principali rimane la crisi di sovrapproduzione del primo produttore ed esportatore di acciaio del mondo, la Cina, a cui la CISA (China Iron and Steel Industry Association) ha deciso di mettere un freno impedendo la creazione di nuovi impianti su territorio cinese per il 2020.
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Per quanto riguarda l’industria siderurgica in Italia, il nostro Paese rimane la seconda potenza produttiva a livello continentale ma fuori dalla top ten del ranking mondiale a causa soprattutto della situazione dello stabilimento ex-ILVA di Taranto, per cui non è stata trovata ancora una soluzione ma che da solo costituisce il 20% della capacità produttiva nazionale.