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L’allarme di SVIMEZ sul PNRR: la quota 40% al Sud è a rischio

Una prima relazione istruttoria del Governo lascia molti dubbi sull'effettiva allocabilità delle risorse

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L’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno SVIMEZ lancia l’allarme in merito al vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di almeno il 40 per cento delle risorse del PNRR e del Fondo complementare (FoC) allocabili territorialmente.

Secondo una prima Relazione istruttoria presentata dal Dipartimento per le Politiche di Coesione (DPCoe) della Presidenza del Consiglio dei ministri, la dimensione delle risorse destinate al Mezzogiorno si attesta su 86 miliardi le quote del Ministero per il Sud e la coesione territoriale
(79,4%) e delle altre Amministrazioni centrali che riportano percentuali significativamente al di
sopra della soglia minima; nell’ordine, Infrastrutture e Mobilità Sostenibili (48,2%), Interno (47%), Innovazione tecnologica e transizione digitale (45,9%). Viceversa, le due Amministrazioni centrali che riportano “quote Sud” molto distanti dall’obiettivo sono il Ministero dello Sviluppo economico (24,8%) e il Ministero del Turismo (28,6%).

Nel complesso risulta che, rispetto alla soglia minima del 40% (pari a 84,4 miliardi di euro), la fase di attuazione del Piano può avvalersi di un “margine di sicurezza” piuttosto limitato: 1,6 miliardi, appena 320 milioni di euro annui dal 2022 al 2026. È questo, da solo, un dato che qualifica la “quota Sud” come un obiettivo che non sarà facile conseguire, a meno di non introdurre azioni correttive e di accompagnamento “in corsa”, sui quali la Relazione opportunamente si sofferma fornendo utili e condivisibili indicazioni.

Deve trattarsi – precisa SVIMEZ in una nota – di necessari aggiustamenti da apportare alle procedure di attuazione già avviate, con particolare riferimento a due ambiti: gli interventi che vedono come soggetti attuatori gli enti decentrati beneficiari di risorse distribuite su base competitiva dalle Amministrazioni centrali; gli interventi di incentivazione a favore delle imprese. Aggiustamenti urgenti, non solo necessari“.

Infatti, degli 86 miliardi potenzialmente allocabili al Mezzogiorno, ben 62 finanziano misure per le quali è stato espletato almeno un atto formale che già sta orientando l’allocazione territoriale delle risorse nelle fasi successive dell’attuazione. “La Relazione – continua SVIMEZ – fa emergere diversi profili di criticità, discussi in dettaglio per ciascuna delle quattro diverse modalità seguite dalle Amministrazioni centrali per quantificare le risorse da destinare alle regioni del MezzogiornoLe uniche risorse “certe” sono i 24,8 miliardi che finanziano progetti già identificati e con localizzazione territoriale e costi definiti. Meno di un terzo degli 86 miliardi della “quota Sud”. Queste risorse sono per oltre la metà (14,6 miliardi) di titolarità del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, e in buona parte finanziano “progetti in essere”, ovvero interventi per i quali già esistevano coperture nel bilancio dello Stato poi sostituite da quelle del PNRR. I rimanenti 61,2 miliardi di euro rappresentano risorse “potenziali”, la cui destinazione effettiva alle regioni del Mezzogiorno dovrà realizzarsi in fase di attuazione superando diverse criticità che la Relazione tecnica porta all’attenzione del decisore politico“.

Una prima criticità riguarda i 28,2 miliardi “stimati” dai diversi Ministeri per finanziare
prevalentemente misure non ancora attivate formalmente o attivate con procedure prive di specifici vincoli di destinazione territoriale. In diversi casi, le Amministrazioni dichiarano “solo un’adesione di principio” al rispetto del livello programmatico del 40% al Mezzogiorno. Per alcuni Ministeri le risorse “stimate” incidono in maniera rilevante sulle risorse gestite che si prevede di allocare al Sud: l’82% per l’Agricoltura, il 61% per l’Istruzione e per il Lavoro, il 56% per la Transizione ecologica. Anche la destinazione finale dei 23,4 miliardi quantificati dai Ministeri per “riparto” (nel caso di misure attivate con procedure che prevedono una quota destinata al Mezzogiorno, ma non ancora arrivate alla selezione dei progetti da finanziare) è soggetta ad un certo grado di incertezza, con particolare riferimento alle risorse da distribuire agli enti territoriali su base competitiva.

Al di là delle criticità legate alle diverse modalità di integrazione della clausola del 40% nei bandi ministeriali già rimarcate dalla SVIMEZ e dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, la Relazione del DPCoe porta all’attenzione un aspetto particolarmente critico per il conseguimento dell’obiettivo del 40%. In ben 15 su 28 procedure attive, per un valore complessivo di oltre 3 miliardi, non è stata disposta nessuna modalità di salvaguardia della quota Mezzogiorno sulle risorse non assegnate per carenza di domande ammissibili. Un’eventualità tutt’altro che remota alla luce del primo anno di attuazione del PNRR.

“Per raggiungere la quota del 40% – rimarca SVIMEZ – per questi come per altri strumenti di sostegno, è necessario prevedere meccanismi correttivi che compensino eventuali inefficienze nelle capacità progettuali e attuative delle Amministrazione meridionali, e favoriscano la partecipazione dei soggetti economici del Sud. È necessario altresì predisporre modalità di salvaguardia in caso di mancato assorbimento. Il tema è quello della declinazione a livello territoriale degli interventi nazionali di incentivazione da conseguire con una pluralità di strumenti come, ad esempio, maggiori aliquote di agevolazione per il Sud o criteri privilegiati di accesso agli interventi, soprattutto per quelle attività produttive e quegli ambiti tecnologici che presentano eccellenze nelle regioni meridionali”.

In definitiva, dalla Relazione arriva un forte monito al livello politico: il 40% è tutt’altro che un
risultato acquisito, è un obiettivo che sarà possibile conseguire solo se saranno rimosse diverse
criticità, avvalendosi di tutti gli strumenti di cui si è dotata la governance del PNRR, incluso il
potere sostitutivo da parte dello Stato nei casi di palese inadeguatezza progettuale e realizzativa degli enti decentrati.

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