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venerdì, Marzo 29, 2024
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Grano canadese contaminato. La fake news che rischia di danneggiare le nostre PMI agroalimentari

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Sebbene diversi media nazionali, abbiamo smentito in più occasioni, la notizia del sequestro, nel porto di Bari, di 50.000 tonnellate di grano canadese contaminato e tossico, gli utenti della rete, supportati anche da esponenti politici, continuano a divulgare la #fakenews.

La storia che vi racconto, inizia con il sequestro, nel porto di Bari, di un carico di grano (50mila tonnellate) giunto dal Canada nelle stive della «Cmb Partner», proveniente da Vancouver, attraccata l’8 giugno, dopo oltre 40 giorni di navigazione. Il provvedimento sarebbe stato eseguito dai Carabinieri forestali dopo le prime analisi sui campioni di cereale che avrebbero rilevato la presenza di sostanze nocive in percentuali superiori ai limiti consentiti dalla legge.

La notizia è stata immediatamente divulgata sui media nazionali sul web ed alimentata dall’associazione Coldiretti, tramite i propri uffici stampa e la rete social.

Secondo la Coldiretti, che ha avviato da tempo una campagna di accusa contro il grano canadese per le presunte irregolarità riscontrate in termini di residui di deossinivalenolo (o Don o vomitossina), quel cargo era la prova che il grano importato dal Canada fosse contaminato.

Da qui la protesta di Coldiretti Puglia contro il crollo dei prezzi del cereale e (secondo loro) a tutela dei consumatori, considerato che i prodotti stranieri risultati irregolari per il contenuto di pesticidi sono in pratica il triplo di quelli nazionali.

Successivamente al sequestro, campioni del grano canadese sono stati inviati ai laboratori di analisi certificati della Regione Puglia, ed all’esito delle analisi ufficiali sui campioni di grano duro prelevati nel corso delle attività di controllo svolte dal personale del Comando Regione Carabinieri Forestale Puglia presso il Porto di Bari, le analisi hanno accertato la piena e totale conformità del frumento alle normative comunitarie in materia di presenza massima di contaminanti nei prodotti alimentari. Ergo, il prodotto oggetto di controllo era assolutamente sicuro per i consumatori, oltre che pienamente conforme a tutte le prescrizioni di legge.

Le analisi ufficiali hanno quindi clamorosamente ribaltato gli esiti delle prime analisi eseguite da un laboratorio che non risultava accreditato per questa tipologia di analisi, che avevano portato al sequestro del carico per un presunto superamento della presenza della micotossina DON rispetto ai limiti vigenti.

Quanto sopra è stato riportato da diversi media italiani, oltre ad aver spinto la ITALMOPA, in rappresentanza dell’Industria molitoria italiana, a diramare un comunicato stampa, che riportava la seguente testuale dichiarazione:

“Gli attacchi continui e violenti di una parte dei sindacati agricoli gettano un intollerabile discredito sull’Industria molitoria italiana la quale – è opportuno sottolinearlo – risulta essere, nel mondo, l’unico acquirente del frumento duro nazionale ed in particolare di quello prodotto dagli imprenditori agricoli aderenti alla Coldiretti.”

Chiarezza fatta? Purtroppo no….

In data 16 agosto 2017, in piena estate ed in piena battaglia anti CETA (il trattato di libero scambio tra Canada ed Europa), l’On. Carla Ruocco, portavoce del Movimento 5 Stelle, sul proprio profilo ufficiale Twitter scriveva:

e giu retweet, cuoricini ed applausi da parte del popolo dei social. La stessa notizia viene poi diramata anche sul Social Facebook, raggiungendo più di 42 mila visualizzazioni.

Peccato che la notizia non solo era “old news” ma anche “fake news”.

E’ evidente che il sistema informativo della politica non è dei migliori. Bastava fare una ricerca più approfondita per scoprire che la notizia del grano “al glifosato” era stata non solo smentita ma rilegata tra le #fakenews della rete.

Questa modalità indiscriminata di immettere in rete notizie non verificate e basate sull’interesse di una sola parte politica, genera danni enormi alle imprese che operano nel settore agroalimentare ma in particolare ai consumatori finali, già di per se diffidenti nell’acquisto dei prodotti interni.

Inoltre, va precisato che il fabbisogno dell’industria italiana di grano duro viene coperto solo dal 50% dal grano nazionale, ed è quindi necessario approvvigionarsi da fornitori esteri per sopperire la domanda interna ed estera di prodotti lavorati, come la pasta.

Bisogna fare attenzione a ciò che si pubblica o si dichiara, proprio per la funzione esercitata e la visibilità raggiunta. Immaginiamo per un istante se un deputato Canadese, dovesse utilizzare la stessa stessa metodologia informativa per delegittimare i prodotti italiani, quale danno avrebbe la nostra industria ed i nostri agricoltori.

Chi pagherà i danni di questa ennesima divulgazione di #fakenews?

Sergio Passariello – Presidente Imprese del Sud

 

 

 

 

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